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INDICE GENERALE (tutti i testi del Vademecum)

PER CRITICARE (per chi ritiene il Progetto non attuabile)

PER COLLABORARE (per chi vuol far parte del Comitato Scientifico)

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Riunione n. 3
Banche Centrali e Debito Pubblico,
prima e dopo il prevalere del Neoliberismo

1.       Oggi il denaro viene “creato dal nulla”; a differenza del passato, il denaro non è più legato a un bene materiale che lo Stato possiede

2.       Le Banche Centrali che creano il denaro. Cosa sono. A chi “obbediscono”. La differenza con le Banche Commerciali

3.       Come le banche ( Centrali e Commerciali) guadagnano, senza rischi, a spese dei cittadini

4.       Il Debito Pubblico non è un problema . Il problema è il suo costo di gestione

5.       Fino al 1980 il Debito Pubblico non era un problema perché la determinazione del suo costo di gestione era affidata allo Stato e non alla finanza privata

6.       Dal 1981 il Debito Pubblico divenne un problema perché lo Stato affidò alla finanza privata il potere di determinare il costo di gestione del Debito

7.       Due lettere, nel 1981, sancirono il “divorzio” – fra lo Stato e la Banca d’Italia – che affidò alla finanza privata il potere di stabilire il costo di gestione del Debito; cambiando il nostro futuro

8.       Come e perché il “divorzio” del 1981 cambiò il nostro futuro

9.       Una tabella con i dati ufficiali ci fa scoprire le falsità di molti luoghi comuni

10.    Inflazione, deflazione, svalutazione. Cosa sono? Sono buone o cattive?

11.    I dati ufficiali dimostrano che, dopo il “divorzio” del 1981, il Debito Pubblico raddoppiò non – come dicono – per le nostre “spese pazze”, ma perché la determinazione del tasso di interesse fu affidata alla finanza privata

12.    Dicono che entrando nell’Euro abbiamo risparmiato “un sacco di soldi” per gli interessi da pagare sul Debito Pubblico. È un’informazione corretta?

13.    Dicono che il nostro Debito Pubblico è cresciuto perché in passato, a differenza di altri Paesi, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. È un’informazione corretta?

14.     Dire che, per ridurre il Debito, dobbiamo vendere il nostro patrimonio pubblico “è una presa in giro”. Nell’attuale sistema neoliberista il Debito non potrà mai essere estinto. Occorrono altre soluzioni, che proporremo nella Parte seconda

15.    Note su una eventuale uscita dall’Euro. Il nostro Progetto non prevede l’uscita dall’Euro, ma consente all’Italia di uscirne senza problemi, se e quando deciderà di farlo

16.    I punti salienti

  

3.1

O ggi il denaro viene “creato dal nulla”; a differenza del passato, il denaro non è più legato a un bene materiale che lo Stato possiede

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Perché oggi parliamo, nella stessa Riunione, di Banche Centrali e di Debito Pubblico?

Perché i due argomenti sono strettamente connessi.

Trattandoli insieme, potremo comprendere meglio come il Neoliberismo ha cambiato il modo in cui il denaro viene creato e distribuito.

 

Papa Francesco ha detto: «Il denaro deve servire e non governare».

Ma cos’è il denaro?

Il denaro è uno strumento che misura la quantità di beni e servizi che ciascuno di noi può acquistare.

Il denaro , oggi, non è un bene materiale.

Il denaro è “un’istituzione” che consente a due soggetti di relazionarsi e interagire economicamente fra loro ed è “creato dal nulla”.

 

Cosa dite! Banconote e monete non sono beni materiali?

Non ci deve trarre in inganno il fatto che esistano le banconote, che tutti possiamo toccare con mano. Anche le banconote sono dei misuratori ed è facile comprendere il perché. Se voi andate nella foresta amazzonica per far visita a quelle etnie che non sono state ancora raggiunte dalla nostra civiltà e offrite loro una banconota da 50 euro, non se ne faranno nulla. Ma se offrite loro qualcosa da mangiare, accetteranno volentieri. Le banconote, quindi, non sono beni materiali, ma sono semplici misuratori della capacità di acquisto di beni e servizi riconosciuta a chi le possiede. Banconote e monete, peraltro, rappresentano una parte limitatissima del denaro circolante. Oggi, il movimento di denaro avviene con una semplice annotazione sulle scritture contabili della banca di chi paga e della banca di chi riceve il pagamento.

Ad esempio: se voi fate un bonifico di 10.000 euro a vostro cugino, la vostra banca non metterà certo il denaro su un furgone per portarlo alla banca di vostro cugino. Le due banche si limiteranno a modificare le loro scritture contabili.

 

Perché dite che il denaro, oggi, viene creato “dal nulla”?

Non è facile da capire, ma cercheremo di spiegarlo con una breve storia.

·         Nei secoli scorsi , quando le monete erano fatte d’oro o di altri metalli preziosi, gli Stati, per emettere denaro, dovevano prima procurarsi l’oro, poi trasformarlo in monete e infine distribuirlo ai popoli.

·         Successivamente , si disse: per comodità di tutti, lasciamo l’oro nei forzieri ed emettiamo pezzi di carta (banconote) che lo rappresentano e se qualcuno vuole l’oro, presenta la sua banconota e noi glielo diamo. Si definiva convertibilità.

·         Alcuni decenni fa , si disse: d’ora in poi, chi ha una banconota non può più richiedere l’oro che a essa corrisponde; finì la convertibilità .

·         Oggi, poiché chi ha una banconota non può più richiedere l’oro che a essa corrisponde, la creazione del denaro è un semplice atto di volontà: non vi è alcun collegamento con un bene materiale realmente esistente.

Rispetto al passato attualmente c’è una grande differenza. In passato, per procurarsi il denaro, che era rappresentato solitamente dall’oro, gli Stati dovevano prenderlo dai soggetti che lo possedevano.

Oggi basta premere un pulsante ed ecco fatto: c’è il denaro accreditato su un conto(13). Se qualcuno desidera avere in mano banconote, se ne produce un po’ con un costo ridottissimo (serve la carta, l’inchiostro e poco più).

* Oggi, come vedremo, le Banche Centrali possono creare il denaro dal nulla premendo un pulsante. E anche le Banche Commerciali possono farlo, a certe condizioni.

 

Vediamo se ho capito. In uno Stato moderno, il denaro viene creato dal nulla perché dipende da una semplice “decisione” e non da un “bene” che lo Stato possiede?

Sì, è proprio così.

 

Ma allora, perché non si crea tantissimo denaro e non lo si dà ai cittadini per migliorare le loro condizioni di vita?

Ottima domanda. Vi risponderemo fra poco; prima dobbiamo spiegare come viene creato il denaro, come arriva nelle nostre tasche e cos’è l’inflazione.

Dobbiamo anche spiegare la differenza fra ciò che avviene dentro e fuori dalla Zona Euro (cioè per i 19 dei 28 Paesi dell’UE che hanno aderito all’Euro).

 

 

3.2

Le Banche Centrali che creano il denaro. Cosa sono. A chi “obbediscono”. La differenza con le Banche Commerciali

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Come avviene la creazione del denaro da parte di uno Stato e come fa il denaro ad arrivare nelle tasche dei cittadini?

Il denaro viene creato dalle Banche Centrali degli Stati.

Attenzione.

Non bisogna confondere le Banche Commerciali, con la Banca Centrale di uno Stato.

La Banca Centrale è l’unica autorizzata a emettere moneta: dà il denaro allo Stato, direttamente o acquistando i Titoli del Debito Pubblico, e alle Banche Commerciali.

Le Banche Commerciali (presso le quali depositiamo i nostri soldi o alle quali chiediamo un prestito per comprare una casa), a loro volta, lo utilizzeranno come meglio credono.

 

Come operano le Banche Centrali

 

Per capire a cosa servono e come funzionano le Banche Centrali possono essere utili gli schemi che riportiamo qui di seguito, affiancandoli, per facilitarne la comprensione.

  

 

Schema 1

Come operano le Banche Centrali, tranne la Banca Centrale europea (BCE) ,

cioè quella della Zona Euro

 

La Banca Centrale   ®
emette la valuta di Stato ed
è soggetta alle leggi emanate dal Parlamento, che decide su quello che la Banca Centrale può fare o non fare

¬   Lo Stato (Il governo),

coordinandosi con la Banca Centrale

in base alle leggi del Parlamento, gestisce sanità, trasporti, istruzione, ricerca, occupazione, ecc. e spende per i

                                ¯                                                                    ¯

Le Banche Commerciali
prendono in prestito il denaro dalla Banca Centrale e poi lo danno in prestito a

                            ¯

                        Imprese                                                           Cittadini

                        Privati

                        Speculatori

                        Altro

 

Questo schema non si applica anche In Italia e in Europa? Anche noi abbiamo una Banca Centrale italiana (la Banca d’Italia) e una Banca Centrale europea (la BCE).

No. Lo schema precedente si riferisce a una situazione fisiologica, ma non si applica all’Italia, che fa parte dell’Unione Monetaria Europea e adotta come moneta l’Euro. La nostra Banca d’Italia, infatti, dopo il Trattato di Maastricht che ha istituito l’Euro, deve “obbedire” alla BCE. La Zona Euro è atipica e unica a livello mondiale.

 

La BCE opera come le altre Banche Centrali o si comporta in modo diverso?

Si comporta in modo diverso. La BCE, infatti, pur chiamandosi Banca Centrale, è molto diversa dalla Banca Centrale di uno Stato. Ecco perché:

·         è un’istituzione formalmente pubblica ma sostanzialmente privata e non è soggetta alle leggi emanate dal Parlamento;

·         non può finanziare gli Stati nazionali;

·         può dar denaro solo alle Banche Commerciali, che poi lo daranno agli Stati e ai privati, traendone un guadagno (gli interessi);

·         non può acquistare dallo Stato i Titoli del Debito Pubblico rimasti invenduti;

·         a differenza di altre Banche Centrali, come ad esempio la FED statunitense, non ha fra i suoi obiettivi primari l’occupazione(14).

 

Nello schema che segue potete vedere come cambia quello precedente per i 19 Paesi che hanno aderito all’Euro.

 

Schema 2

Come opera solo la Banca Centrale europea (BCE),

quella dei 19 Paesi della Zona Euro

 

La BCE - Banca Centrale europea
emette l’Euro in base a sue scelte insindacabili e può prestare soldi solo alle banche e non agli Stati.
Non è soggetta alle leggi emanate dal Parlamento. Non può acquistare, in asta, i Titoli del Debito Pubblico.

                                                     ¯

Le Banche Commerciali
ad esempio Montepaschi, Unicredit, ecc. prendono il denaro dalla Banca Centrale e lo danno in prestito a

                                                   ¯

                                               Stato ® che lo spende per i ® Cittadini

                                                 Imprese

                                                 Privati

                                                 Speculatori

                                                 Altro

 

Nella Zona Euro lo Stato è finito sotto il tallone delle banche?

Sì. E no n solo sotto il tallone della Banca Centrale, ma anche sotto quello delle Banche Commerciali.

Con l’intro duzione dell’Euro il Parlamento non conta più nulla e lo Stato viene “degradato”: non può più ricevere denaro dalla Banca Centrale, ma è costretto a chiedere alle Banche Commerciali e alla finanza il denaro necessario a far fronte ai bisogni dei cittadini. E sono le Banche Commerciali (o più in generale, i c.d. mercati) a stabilire se dare o non dare denaro allo Stato e a decidere il tasso di interesse da richiedere.

La c onseguenza di tutto ciò è questa: le banche e la finanza comandano sullo Stato e, quindi, sui cittadini, perché, se le banche chiudono il rubinetto del credito, lo Stato non può più svolgere i suoi compiti e muore.

Solo 19 dei 28 Paesi membri dell’UE (Unione Europea) hanno aderito all’UEM (Unione Monetaria Europea) e hanno sottomesso la loro Banca Centrale a una Banca Centrale unica, la BCE, cui è affidato il compito di decidere se e quando le Banche Centrali dei singoli Stati possono emettere la moneta unica, l’Euro. Agli altri 9 Paesi aderenti all’UE che non hanno aderito all’Unione Monetaria (UEM) non si applica, quindi, questo schema .

 

Perché è importante che la Banca Centrale “obbedisca” al Parlamento e, quindi ai cittadini?

Perché il Parlamento, in base alle esigenze dei tempi che si vivono, può cambiare la politica economica del Paese. Nella Zona Euro ciò non è possibile: si è cristallizzato un metodo, come se i tempi non dovessero mai cambiare; ma i tempi cambiano in fretta e non tollerano regole rigide.

 

 

3.3

Come le banche (Centrali e Commerciali) guadagnano, senza rischi, a spese dei cittadini

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Le Banche Commerciali, che ricevono il denaro dalla BCE, devono immettere questo denaro nell’economia reale o possono farne ciò che vogliono?

Possono farne ciò che vogliono.

Possono, a loro libera scelta, darlo a cittadini e imprese o investirlo in speculazioni finanziarie. Quando sentiamo dire in TV che la BCE immette denaro nel sistema bancario, dobbiamo tener presente che questo denaro è destinato alle banche, ma non va allo Stato o alle imprese. Saranno poi le banche a decidere se, a chi e a quale prezzo darlo in prestito. Le Banche Commerciali sono diventate le uniche dispensatrici di soldi e lo Stato (e quindi i cittadini) nulla possono nei loro confronti.

Lo Stato non può far nulla!

È triste sentire in TV i nostri politici “rallegrarsi” perché la BCE ha immesso liquidità nel sistema bancario, e “augurarsi” che le banche diano questo denaro a cittadini e imprese. È triste, perché dimostra che i cittadini e i politici da loro eletti sono privi di ogni potere, non possono agire. Possono solo sperare.

 

Siamo gli unici 19 Paesi al mondo che consentono alle banche di sottrarsi alle leggi di un Parlamento democraticamente eletto. Come è avvenuto tutto ciò?

Qui di seguito, quando parleremo di Debito Pubblico, vi racconteremo tutta la storia, che comincia negli anni ʼ80.

 

Come fa la BCE a guadagnare, a nostre spese, creando il denaro dal nulla?

Quando la Banca Centrale crea il denaro e lo dà alle Banche Commerciali queste, per averlo, devono pagare un interesse alla Banca Centrale da cui lo ricevono. E si tratta di un bel guadagno.

Se la Banca Centrale è di proprietà pubblica, questo guadagno va tutto allo Stato; ma, n el caso della BCE, questo guadagno va anche ai privati .

La Banca d’Italia, infatti, che è il terzo azionista proprietario della BCE, per il 95% circa appartiene ai privati e versa allo Stato solo una parte dei suoi utili. Sappiate anche che la BCE, con i soldi così guadagnati, ha costruito una nuova sede, che è sua proprietà privata, spendendo oltre un miliardo di euro (58).

 

La BCE può prestare il denaro allo Stato applicando lo stess o tasso che applica alle Banche Commerciali?

No. Nella Zona Euro la BCE può prestare denaro solo alle Banche Commerciali (ad esempio Montepaschi, Unicredit, ecc.) che poi decideranno se prestare il denaro allo Stato o ai cittadini o utilizzarlo in speculazioni.

 

Quindi lo Stato, per avere denaro, deve rivolgersi alle Banche Commerciali e agli investitori pagando un interesse più alto di quello che pagherebbe alla BCE?

Sì, è proprio così; ecco un esempio.

La Banca Commerciale X prende in prestito il denaro dalla BCE corrispondendole un interesse dell’1% e poi, con il denaro preso in prestito, compra Titoli di Stato (presta quindi denaro allo Stato) che rendono, poniamo, il 3%.

Tutto normale? Sì per la legge. No per la logica.

Ecco perché:

·         la BCE ha guadagnato l’1% che, in parte, andrà ai privati;

·         la Banca Commerciale X ha guadagnato il 2% che andrà tutto ai privati (ha preso in prestito denaro all’1% dalla BCE e lo ha ri-prestato allo Stato al 3%);

·         lo Stato ha pagato il 3% (regalando un 2% alla Banca Commerciale X e un 1% alla BCE).

E chi paga alla fine? I cittadini, con le imposte.

Se invece la BCE, pur rimanendo privata, potesse finanziare lo Stato, lo Stato spenderebbe solo l’1% e non regalerebbe il 2% alle Banche Commerciali. Ma nella Zona Euro ciò non è possibile.

 

Con questo sistema, quindi, anche le Banche Commerciali guadagnano a nostre spese?

Sì, è esattamente così.

* La Banca Centrale europea (BCE) ha guadagnato creando denaro dal nulla. Le Banche Commerciali hanno guadagnato – senza alcun rischio – prestando allo Stato, a tassi più alti, lo stesso denaro che la BCE ha dato loro a tassi più bassi.

 

Ma se la Banca Commerciale X fosse di proprietà pubblica e non privata, lo Stato potrebbe risparmiare almeno il 2%?

È così.

 

E perché non si crea una vera Banca Commerciale pubblica?

La Germania lo ha fatto(62) ed è un motore per la sua economia. Potremmo facilmente crearne una anche noi.

Ma ne parleremo meglio nella Riunione n. 7.

 

Quindi c’è una stretta connessione fra Banca Centrale e Debito Pubblico?

Sì, e vedremo subito, come funziona il Debito Pubblico.

 

 

3.4

Il Debito Pubblico non è un problema. Il problema è il suo costo di gestione

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Se uno Stato contrae un Debito Pubblico, si comporta male?

No, il Debito Pubblico è uno strumento fisiologico nella vita di uno Stato.

Basti pensare che non esiste oggi uno Stato che non abbia un Debito Pubblico.

* Il Debito Pubblico non è un problema in sé . Lo diventa solo quando il suo costo di gestione (cioè l’interesse da pagare) non è controllabile dallo Stato.

 

Cos’è il costo di gestione del Debito Pubblico?

Lo abbiamo detto: il costo di gestione è rappresentato dagli interessi che si pagano sul Debito.

 

È bene che uno Stato spenda?

Dipende dalla situazione del Paese. Quando l’economia, come oggi, ristagna, lo Stato deve spendere per rilanciarla. Alcuni economisti, ovviamente non neoliberisti, ricorrono a un paradosso e dicono che lo Stato dovrebbe lanciare i soldi dal cielo con un elicottero a ffinché i cittadini possano raccoglierli e spenderli(15). Questo paradosso serve a far capire che restringere la spesa in tempi di crisi, aggrava la situazione.

 

Ci sono Stati che hanno un alto Debito Pubblico e non subiscono imposizioni da parte della finanza?

Sì, ci sono.

Il Giappone, ad esempio, ha un Debito Pubblico di oltre il 245% del suo PIL ( fonte AMECO Macro-economic database)(68) e non ha nessun problema per finanziarsi, perché la sua Banca Centrale è soggetta alle leggi e non ai mercati. E, nonostante l’economia giapponese sia in crisi come in Europa, il tasso di disoccupazione è di gran lunga inferiore al nostro.

Lo abbiamo già spiegato: quando il costo di gestione del Debito (cioè l’interesse da pagare) è governato dalle leggi e non dai mercati finanziari, il Debito non è un problema.

 

 

3.5

Fino al 1980 il Debito Pubblico non era un problema perché la determinazione del suo costo di gestione era affidata allo Stato e non alla finanza privata

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Perché fino al 1980 era lo Stato (e non il mercato) a determinare il tasso d’interesse sui Titoli del Debito Pubblico? Cosa avveniva?

Per comprendere meglio il meccanismo, facciamo un esempio.

Ecco ciò che avveniva fino al 1980.

Lo Stato andava sui mercati finanziari e diceva agli operatori: emetto 4 miliardi di Titoli del Debito Pubblico a un tasso di interesse del 2%. Chi li vuole comprare?

Se i mercati finanziari assorbivano, ad esempio, soltanto 1 miliardo, i restanti 3 li doveva comprare la Banca d’Italia al tasso del 2% stabilito dallo Stato.

Ed eccoci al punto determinante.

Poiché la Banca d’Italia era di proprietà statale, i 3 miliardi di Debito dello Stato e i 3 miliardi di credito della Banca d’Italia si compensavano dando risultato zero. Lo Stato, con una mano pagava interessi sul Debito e con l’altra mano se li riprendeva. Ciò perché il debitore (lo Stato) e il creditore (la Banca d’Italia, di proprietà statale) avevano un unico “padrone”: i cittadini.

Lo Stato, così facendo, poteva indebitarsi a costi reali ampiamente sostenibili e il costo di gestione del Debito era stabilito dallo Stato e non dai mercati finanziari.

 

 

3.6

Dal 1981 il Debito Pubblico divenne un problema perché lo Stato affidò alla finanza privata il potere di determinare il costo di gestione del Debito

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Ma se il sistema vigente fino al 1981 era così favorevole allo Stato, perché fu abbandonato?

Fu abbandonato perché gli economisti neoliberisti, nel 1981, “convinsero” i governi ad affidare alla finanza privata il potere di determinare il costo di gestione del Debito. Da quel momento il nostro Debito divenne un problema.

I neoliberisti affermarono che il sistema vigente fino al 1980 facilitava la crescita della spesa pubblica e generava eccessiva inflazione. E si impose la c.d. teoria delle Banche Centrali indipendenti che, svincolate dal potere statale, avrebbero gestito nell’esclusivo interesse dei cittadini il Debito e la moneta.

Non è questo il luogo per decidere se i governanti di allora, che sposarono questa teoria, agirono in modo trasparente (si è parlato di una “ congiura ”)(16); né per dare giudizi sui “creatori” dell’Euro, che portarono poi alle estreme conseguenze questa teoria. Occorre invece pensare al futuro.

 

 

3.7

Due lettere, nel 1981, sancirono il “divorzio” – fra lo Stato e la Banca d’Italia – che affidò alla finanza privata il potere di stabilire il costo di gestione del Debito; cambiando il nostro futuro

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Quale legge, nel 1981, decise l’abbandono del sistema che obbligava la Banca d’Italia ad acquistare i Titoli del Debito Pubblico invenduti?

Quando lo Stato affidò ai mercati la gestione del Debito, i cittadini non furono informati delle conseguenze che avrebbe prodotto questa decisione, non ci fu né un dibattito né una legge.

Il sistema non fu abbandonato per effetto di un decreto o di un atto pubblicato in Gazzetta Ufficiale o portato comunque a conoscenza dei cittadini, ma con uno scambio di lettere fra l’allora ministro del Tesoro, Andreatta, e l’allora governatore della Banca d’Italia, Ciampi(18).

Queste lettere rimasero sconosciute ai più, ma mutarono il nostro futuro.

Un cambiamento “epocale” si verificò, quindi, con un semplice scambio di lettere. Questo fatto, avvenuto nel 1981, è definito “divorzio” (fra lo Stato e la Banca d’Italia).

* Dopo il “divorzio” il nostro Debito divenne un peso insostenibile e in dieci anni raddoppiò non – come dicono – per le nostre “spese pazze”, ma per gli interessi da corrispondere ai mercati finanziari. E il denaro, invece di servire, cominciò – come dice il Papa – a governare.

 

Quindi, nel 1981, il nostro futuro fu cambiato con un semplice scambio di lettere e non con una legge?

Sì, proprio così.

 

Ma neanche un matrimonio – che incide solo su una famiglia e non su un intero Paese – si scioglie con un semplice scambio di lettere!

Questo è il Neoliberismo: si muove in silenzio e colpisce all’improvviso.

 

Cosa suc cesse dopo questo semplice scambio di lettere che, nel 1981, sancì il “divorzio” fra lo Stato e la Banca d’Italia?

La titolarità della determinazione del costo di gestione del Debito Pubblico fu consegnata nelle mani dei mercati finanziari, mentre prima era saldamente in mano allo Stato.

Non fu più lo Stato a determinare il tasso di interesse, ma i soggetti privati.

 

 

3.8

Come e perché il “divorzio” del 1981 cambiò il nostro futu ro

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Come cambiò la nostra situazione con il “divorzio” del 1981?

Ecco come cambiò la nostra situazione.

 

Prima del “divorzio”

 

Lo abbiamo detto, ma è bene ripeterlo.

Lo Stato andava sui mercati finanziari e diceva agli operatori: emetto 4 miliardi di Titoli del Debito Pubblico a un tasso di interesse del 2%. Chi li vuole comprare?

Se i mercati finanziari assorbivano, ad esempio, soltanto 1 miliardo, i restanti 3 li doveva comprare la Banca d’Italia al tasso del 2% stabilito dallo Stato.

E s iccome la Banca d’Italia era di proprietà statale, i 3 miliardi di Debito e i 3 miliardi di credito si compensavano dando risultato zero.

Lo Stato, con una mano pagava gli interessi sul Debito e con l’altra mano se li riprendeva. Così facendo poteva indebitarsi a costi ampiamente sostenibili.

E il soggetto che stabiliva il costo di gestione del Debito era lo Stato e non i soggetti privati (cioè, il mercato).

 

Dopo il “divorzio”

 

Nel 1981, il compito di stabilire il costo di gestione del Debito Pubblico (cioè l’interesse da pagare) fu consegnato nelle mani dei mercati finanziari, mentre prima era saldamente in mano allo Stato. Ecco come cambiarono le cose.

Lo Stato andava sui mercati finanziari e diceva agli operatori: emetto 4 miliardi di Titoli del Debito Pubblico a un tasso di interesse del 2%. Chi li vuole comprare?

Se nessuno voleva acquistarli, lo Stato doveva aumentare l’interesse dal 2% al 3% e persino dal 15 % fino al 21% (dati Banca d’Italia), finché i mercati non erano soddisfatti e compravano i Titoli.

La Banca d’Italia, infatti, non era più obbligata ad assorbire quelli rimasti invenduti e lo Stato era disarmato. Quindi, per “convincere” i mercati a acquisire i Titoli del Debito, lo Stato doveva piegarsi a ogni loro richiesta.

Dopo il “divorzio” del 1981 i mercati divennero i padroni dello Stato, perché chi ha in mano il Debito di un Paese e ne stabilisce il costo di gestione ha in mano il Paese stesso.

L’entrata nell’Euro, poi, ha reso molto più grave questa situazione.

 

Perché chi ha in mano il Debito di un Paese ha in mano il Paese stesso?

Perché il creditore può dare “ordini” al Paese debitore e, se il Paese non obbedisce agli “ordini”, può mandarlo in rovina non rinnovando il suo Debito o pretendendo interessi elevatissimi che ne aumentano il costo di gestione.

Il Paese deve tacere e obbedire.

* Il “divorzio” del 1981 ha trasformato lo Stato e i suoi cittadini da padroni di se stessi in servi di finanza e banchieri.

 

Potete fare una sintesi della situazione prima e dopo il 1981?

Sì, eccola.

Fino al 1980 il Debito non era un problema perché era lo Stato, e non i mercati finanziari, il soggetto che ne determinava il costo di gestione (cioè il tasso di interesse da pagare). Ciò rendeva il Debito ampiamente sostenibile.

Dal 1981 il Debito divenne un problema, perché il potere di determinarne il costo di gestione (cioè il tasso di interesse da pagare) fu affidato esclusivamente ai mercati finanziari. Da quel momento il Debito divenne insostenibile e in dieci anni raddoppiò.

 

Cosa ha comportato l’entrata nell’Euro nella situazione fin qui descritta?

L’entrata nell’Euro ha aggravato la situazione che il “divorzio” aveva creato nel 1981. Ed è di poco conforto sentirci dire che, con l’entrata nell’Euro, il peso degli interessi si è alleggerito, se pensiamo che prima del “divorzio” questo peso era ancor più leggero .

 

Si può fare uno schema per capire come il Neoliberismo si è “impadronito” del nostro Debito, quindi, del nostro Stato e, di conseguenza, delle nostre vite?

Sì, qui di seguito gli schemi, in una tabella divisa in tre parti:

·         fino al 1980,

·         dal 1981 al 1993,

·         dal 1993 a oggi.

 

Fonte dei dati

 

Per reperire i dati abbiamo utilizzato i database ufficiali (fonte AMECO e Banca d’Italia) ma su internet si trovano anche altre fonti, ufficiali e non, che vi segnaliamo nelle note(19).

I dati possono, quindi, riportare qualche lieve differenza con quelli che potreste reperire voi stessi consultando altre fonti. Tali eventuali lievi differenze non hanno alcuna incidenza su quanto illustrato.
Qui di seguito riportiamo i dati in un’unica tabella, per facilitare il confronto dei dati. Scopriremo
la falsità di molti luoghi comuni.

3.9

Una tabella con i dati ufficiali ci fa scoprire le falsità di molti luoghi comuni

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Fino al 1980 - Prima del “divorzio”

Il Debito Pubblico non è un problema perché la Banca d’Italia è obbligata ad acquistare i Titoli rimasti invenduti. Non è ancora avvenuto il “divorzio” fra Stato e Banca d’Italia. Nel 1980:

 

·         54% è il Debito Pubblico in rapporto al PIL.

·         4,4% è il rapporto fra interessi da pagare sul Debito e il PIL.

 

È un periodo di benessere per il rapporto Debito/PIL: lo dicono i dati.

Lo Stato italiano dispone della propria Banca Centrale e, per finanziarsi, non dipende dai mercati.


Dal 1981 al 1993 - Dopo il “divorzio”

Il Debito Pubblico diventa un problema perché la Banca d’Italia, dopo il “divorzio”, non è più obbligata ad acquistare i Titoli rimasti invenduti. Nel 1993:

 

·         111,2% è il Debito Pubblico in rapporto al PIL.

·         12,6% è il rapporto fra interessi da pagare sul Debito e il PIL.

 

Il Debito fa un salto e raddoppia, non per le “spese pazze” a favore dei cittadini, ma per gli interessi da corrispondere ai mercati finanziari.
Non lo sapevate? Gli italiani (lo dicono i dati che vedremo fra poco) non hanno fatto “spese pazze”


Dal 1993 - Con l’entrata nell’Euro

Il Debito Pubblico diventa un dramma.

Fino al 1993 , infatti, la Banca d’Italia non aveva “l’obbligo” di acquistare i Titoli del Debito Pubblico, ma era “libera” di farlo e lo Stato, sebbene prigioniero dei mercati, avrebbe potuto imporle di comprarli approvando una legge in tal senso. Ne aveva il potere.
Dopo il 1993 , cioè dopo il Trattato di Maastricht che sancisce l’entrata dell’Italia nell’Euro, cambia tutto. Lo Stato si spoglia del potere di legiferare in questa materia ed esso viene affidato alla BCE, alla quale si vieta di acquistare i Titoli del Debito Pubblico. Lo Stato, quindi, viene messo definitivamente “al guinzaglio” dei mercati e della finanza. Nel 2012:

 

·         123% è il Debito Pubblico in rapporto al PIL (oggi supera il 130%).

·         5,2% è il rapporto fra interessi da pagare sul Debito e il PIL.

Oggi, con l’utilizzo da parte della BCE di un “marchingegno”, la cui legittimità è al vaglio della Corte di Giustizia, la situazione è migliorata; ma presto il “marchingegno”, che si chiama Quantitative Easing (QE) , non ci sarà più e tutto tornerà come (o peggio di) prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

3.10

Inflazione, deflazione, svalutazione. Cosa sono? Sono buone o cattive?

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È vero che il sistema abbandonato nel 1981 generava inflazione?

Gli economisti neoliberisti dicono di sì, ma altri attribuiscono l’aumento dell’inflazione ad altre cause: ad esempio l’aumento del prezzo del petrolio, che nel 1974 quadruplicò nel giro di un mese. Inoltre, nel 1980 un’altra crisi petrolifera generò un ulteriore aumento dei prezzi.

Ma l’inflazione, lo vedremo, si può tenere sotto controllo con altri strumenti, senza mettere la vita dei cittadini nelle mani di banche e finanza, come avvenne con il “divorzio”.

Per questo molti economisti dicono che la lotta all’inflazione fu un pretesto per aprire le porte ai mercati finanziari e favorire il Neoliberismo(16).

 

Potete spiegare cosa sono l’inflazione e la deflazione? Perché oggi tutti dicono che si deve stimolare l’inflazione?

Lo spieghiamo subito.

L’inflazione (da non confondere con la svalutazione) è l’aumento continuo e generalizzato dei prezzi all’interno di un Paese e può aversi quando la produzione di beni non riesce a soddisfare le richieste di acquisto; di conseguenza, i prezzi aumentano . Un esempio: immaginiamo che non si possa più produrre tutto il pane richiesto dai consumatori. Cosa succede?

Succede che il prezzo del pane aumenta. L’inflazione si misura in percentuale sui prezzi dell’anno precedente: quindi, se i prezzi dei beni in commercio oggi sono 100 e fra un anno salgono a 102, si può dire che c’è stata un’inflazione del 2%.

La deflazione si ha invece quando i prezzi scendono. Contrariamente a quanto può sembrare in apparenza, la deflazione è un fatto negativo per l’economia ed è più pericolosa dell’inflazione.

L’inflazione, infatti, può essere contrastata; la deflazione è più difficile da ostacolare. Oggi si cerca di contrastarla e di far aumentare i prezzi per generare inflazione (purtroppo, con scarsi risultati).

 

Già che ci siamo, potete spiegarci cos’è la svalutazione?

Sì, certo. La svalutazione è la perdita di valore di una moneta rispetto a un’altra.

Ad esempio: se ieri un Euro valeva un Dollaro e oggi ne vale 0,90 allora significa che l’Euro si è svalutato del 10% rispetto al Dollaro e il Dollaro si è rivalutato del 10%. La svalutazione, com’è noto, favorisce le esportazioni perché rende i prezzi dei beni più competitivi e danneggia le importazioni.

Per un Paese esportatore, come l’Italia, la svalutazione è sempre conveniente. È vero, infatti, che il prezzo dei beni importati aumenta, ma è anche vero che dai beni esportati si ricava molto di più. E poiché l’incidenza del prezzo del bene importato è, in genere, notevolmente inferiore al prezzo finale del bene esportato, con la svalutazione il Paese ha un bel guadagno.

Oggi però, dopo l’entrata nell’Euro, l’Italia non può più svalutare la sua moneta per essere più competitiva.

 

L’inflazione è un fattore positivo o negativo per l’economia?

Dipende dal livello e dall’intensità. Un graduale e periodico aumento dei prezzi è sintomo di un’economia che “tira”. Aumenti di prezzo elevati e continui sono, invece, disfunzionali.

è utile precisare che episodi come quelli avvenuti in Germania dopo la Prima guerra mondiale, quando l’inflazione raggiunse livelli stratosferici, si verificano solo in condizioni eccezionali. Ecco quando:

* L’inflazione è pericolosa solo quando la quantità di moneta immessa nel sistema è avulsa dalla quantità dei beni prodotti o producibili.

 

Perché oggi l’inflazione non è un pericolo?

Le motivazioni sono essenzialmente due:

·     la capacità produttiva delle imprese è enorme, molti beni rimangono invenduti e molte fabbriche sono ferme. Non c’è quindi il problema del limite dei beni prodotti o producibili;

·     gli Stati hanno gli strumenti necessari per monitorare la quantità di beni prodotti o producibili, per sapere quanti soldi abbiamo, come li spendiamo, cosa fanno le imprese, ecc. e possono contrastare l’inflazione con strumenti diversi rispetto al passato.

Oggi è tutto diverso e l’inflazione non è più temuta ma è auspicata .

 

Quindi, l’inflazione non dipende dal fatto che la moneta che io ho in mano è carta straccia?

No, questo è un luogo comune. Chiariamo con un esempio: tutti sappiamo che l’oro non è carta straccia. Ebbene l’abbondanza di oro, dopo la scoperta dell’America, generò una grande inflazione, perché allora la capacità di produrre beni e servizi era molto limitata.

Lo dice anche la Banca d’Italia:

«[…] basti ricordare la “rivoluzione dei prezzi” che investì l’Europa nel Cinquecento, causata non dalla diffusione di moneta cattiva priva di contenuto intrinseco bensì dall’afflusso dall’America di oro e d’argento, cioè di moneta buona emessa dalla Spagna coloniale in quantità eccessiva rispetto ai beni»(17).

 

È vero che oggi la BCE cerca di far aumentare l’inflazione?

Sì. Oggi la BCE sta cercando di far aumentare l’inflazione mediante l’emissione di moneta che però non arriva nell’economia reale ma va alle banche (che possono farne quel che vogliono: darla a cittadini e imprese, investirla in speculazioni finanziarie). Di conseguenza, i risultati non si vedono e l’inflazione non cresce. Si ricordi quanto abbiamo detto: se il denaro non arriva nelle mani dei cittadini, i risultati di ogni intervento saranno sempre modesti o irrilevanti.

E il Progetto che vi illustreremo nella Parte seconda del Vademecum si propone di fare proprio questo: mettere il denaro nelle mani delle persone.

 

 

3.11

I dati ufficiali dimostrano che, dopo il “divorzio” del 1981, il Debito Pubblico raddoppiò non – come dicono – per le nostre “spese pazze”, ma perché la determinazione del tasso di interesse fu affidata alla finanza privata

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Con il “divorzio”, si raggiunse l’obiettivo di ridurre il Debito Pubblico?

No. Si ottenne l’effetto contrario.

Il Debito esplose; non per le spese a favore dei cittadini, che rimasero costanti e in linea con quelle degli altri Stati europei, ma per gli alti interessi che lo Stato fu costretto a pagare ai mercati, dopo aver perso il prezioso supporto della Banca d’Italia.

Il costo di gestione del Debito aumentò, generando nuovo Debito volto anche a pagare gli interessi su quello precedente.

 

·        Prima del “divorzio” il Debito era il 54% del PIL.

·        Dopo il “divorzio”, in dieci anni, raddoppiò al 110%.

 

Perché? Perché il Neoliberismo costrinse lo Stato, nel 1981, ad affidare solo ai mercati finanziari la gestione del Debito Pubblico e non – come sentiamo spesso dire per le nostre “spese pazze”. Lo dicono i dati(19).

 

Dal 1981 in poi, lo Stato spese di più non per i suoi cittadini, ma per gli interessi sul Debito da corrispondere ai mercati?

Sì, proprio così. I dati ufficiali dimostrano la falsità di molti luoghi comuni.

 

3.12

Dicono che entrando nell’Euro abbiamo risparmiato “un sacco di soldi” per gli interessi da pagare sul Debito Pubblico. È un’informazione corretta?

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In TV dicono che, entrando nell’Euro, abbiamo risparmiato un sacco di soldi di interessi sul Debito. È vero o no?

è bene fare una precisazione su questo punto, del quale spesso sentiamo parlare. Molti opinionisti, parlando in TV, dicono che il nostro ingresso nell’Euro ha consentito all’Italia di risparmiare sulla spesa per gli interessi.

Attenzione.

Questi opinionisti non forniscono i dati completi, ma fanno il raffronto solo con la nostra situazione successiva al “divorzio”.

Non dicono mai che, prima del “divorzio”, la spesa dello Stato per gli interessi era ben diversa.

* Chi dice in TV che l’entrata nell’Euro ci ha fatto risparmiare per gli interessi da corrispondere sul Debito in rapporto al PIL fa un’affermazione parziale e distorta .

 

Avete dei dati che confermano ciò che dite?

Guardate la tabella con i dati ufficiali illustrata all’inizio del punto 9 di questo capitolo 3. Il ra pporto fra interessi da pagare sul Debito e il PIL è il seguente:

 

·      Prima del “divorzio”, nel 1980: 4,4 %

·      Dopo il “divorzio”, nel 1993: 12,6 %

·      Ai giorni nostri, nel 2012: 5,2 %

 

Chiaro, no? Gli opinionisti che parlano in TV fanno riferimento solo ai dati degli anni successivi al “divorzio”, quando il Neoliberismo aveva già affidato la determinazione del costo di gestione del Debito Pubblico alla finanza privata.

Tacciono però sui dati del 1980, quando la determinazione del costo di gestione del Debito Pubblico era ancora in mano allo Stato. Un corretto raffronto dovrebbe far riferimento ai dati del 1980. Scopriremmo che, con l’entrata nell’Euro, il rapporto interessi/PIL è peggiorato passando dal 4,4% al 5,2%.

 

 

3.13

Dicono che il nostro Debito Pubblico è cresciuto perché in passato, a differenza di altri Paesi, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. È un’informazione corretta?

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In TV dicono che abbiamo un grande Debito Pubblico a causa delle nostre “spese pazze” del passato e perché “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”. È vero?

No. Non è vero: lo dicono i dati ufficiali.

* Chi dice in TV che il nostro Debito è solo imputabile alle nostre “spese pazze” degli anni ʼ80 e ʼ 90 non è informato o dice il falso.

L’insostenibilità del nostro Debito non è frutto delle nostre “spese pazze”, ma è frutto del Neoliberismo che, con il “divorzio” del 1981, si è impadronito dei meccanismi di creazione del denaro e di finanziamento dello Stato.

* Il raddoppio del nostro Debito Pubblico negli anni ʼ80 e ʼ 90 ha la sua principale causa negli interessi, che con il “divorzio” il Neoliberismo ci ha costretto a pagare ai mercati finanziari, e non nelle nostre “spese pazze” (uno studio, citato in nota(19) quantifica in circa 3.500 miliardi gli interessi che l’Italia ha pagato dopo il “divorzio”) .

 

Ma allora non è vero che l’Italia è stata una “cicala” mentre altri Stati facevano le “formiche”?

No. Non è vero. Basta esaminare i dati ufficiali(20).

La spesa pubblica italiana si è mantenuta in linea con la spesa pubblica degli altri Stati europei e, spesso, è stata inferiore; ma, nonostante ciò, il nostro Debito Pubblico è raddoppiato.

Ad esempio, nel 1993, che è l’anno in cui abbiamo speso di più per le nostre presunte “spese pazze”, la nostra spesa pubblica complessiva era il 56% del PIL e valori analoghi di spesa sono stati raggiunti in Francia, Belgio, Austria, Paesi Bassi, ecc.(20)

 

Perché gli italiani hanno tratto dalla loro spesa pubblica benefici inferiori a quelli che i cittadini di altri Stati hanno avuto dalla loro spesa pubblica?

Facciamo un esempio.

Io, per vivere, spendo il 50% del mio reddito e anche mio cugino Luigi spende il 50% del suo reddito. Però, io pago interessi elevatissimi su un mutuo che ho contratto e mio cugino Luigi invece spende molto, ma molto meno, per pagare gli interessi sul suo mut uo.

La conseguenza sarà questa: io potrò destinare ai miei figli una quota del mio reddito molto, ma molto inferiore a quella che Luigi può destinare ai suoi figli. Avete capito? Io sono l’Italia e mio cugino Luigi è la Francia.

Prendiamo ora, ad esempio, il 1993 e facciamo il raffronto fra l’Italia e la Francia:

 

·         l’Italia, ha avuto una spesa pubblica pari al 56% del suo PIL;

·         la Francia, ha avuto una spesa pubblica pari al 54,6% del suo PIL.

 

Quindi, la spesa pubblica italiana era in linea con quella francese.

Però:

 

·         l’Italia ha speso il 12,6% del PIL per pagare gli interessi sul Debito;

·         la Francia ha speso solo il 3% del PIL per pagare gli interessi sul Debito.

 

Quali cittadini hanno beneficiato maggiormente della spesa pubblica del loro Stato? Ovviamente, i francesi.

* Non si dica quindi che gli italiani hanno sprecato i loro soldi per se stessi. Li hanno sprecati per pagare interessi ai mercati, dopo il “divorzio”(20).

 

Abbiamo “regalato” i nostri soldi ai mercati, invece di spenderli per noi?

Sì, proprio così.

 

Ma in passato abbiamo consentito di andare in pensione anche a 50 anni e con il sistema retributivo. Non è anche per questo che ora siamo nei guai?

Siamo sicuri che i nostri problemi nascano dalle pensioni?

Poniamoci una domanda: perché prima del “divorzio” il sistema pensionistico era sostenibile e oggi non lo è più?

C’è da chiedersi se prima del “divorzio” il sistema pensionistico retributivo (più favorevole) fosse perfettamente sostenibile, e se siamo stati costretti a passare al contributivo (meno favorevole) proprio a causa del “divorzio” e in vista dell’entrata nell’Euro.

Anche quando i lavoratori, in passato, potevano andare in pensione a 50 anni, la nostra spesa pubblica era allineata a quella degli altri Paesi europei.

Lo abbiamo appena visto. I problemi nascono dall’aver messo il nostro Debito Pubblico esclusivamente nelle mani dei mercati finanziari. E l’ingresso nell’Euro ha aggravato questa situazione. Non a caso i primi pesanti interventi peggiorativi sul sistema pensionistico arrivano con la stipula del Trattato di Maastricht.

Come mai? È una coincidenza?

Sarebbe interessante che i sostenitori dell’uscita dall’Euro pubblicassero uno studio per vedere se, uscendo dall’Euro, potremmo tornare senza problemi al sistema pensionistico retributivo. retributivo. pur in presenza (ce lo dicono e speriamo sia così) di un allungamento dell’aspettativa di vita.

 

 La diminuzione della spesa pubblica è utile o è dannosa per i cittadini?

È dannosa. Quando lo Stato spende di meno, taglia le pensioni e i servizi sociali, blocca gli stipendi, taglia i fondi alla sanità e alle forze dell’ordine, compromettendo la salute e la sicurezza dei cittadini, ecc.

 

Ma allora la spesa pubblica non deve essere tagliata?

No. Non deve essere tagliata, deve essere “riallocata”. La spesa pubblica è un fattore essenziale per il benessere di un Paese.

* Gli sprechi operati con la spesa pubblica costituiscono un pretesto per far dire ai neoliberisti : “Diamo tutto in mano ai privati, così eliminiamo gli sprechi”. Non lasciamoci trarre in inganno. La spesa pubblica crea ricchezza per i cittadini e non deve essere tagliata, deve essere “riallocata”.

 

Ma non dobbiamo tagliare la spesa per ridurre il Debito Pubblico?

No. Il taglio della spesa non è un bene se contemporaneamente non si dice dove si spendono le risorse risparmiate. Quando qualcuno parla di tagli, bisogna subito chiedergli: dove spendiamo i soldi che risparmiamo con i tagli?

E se ci dicono: “ Li d estiniamo alla riduzione del Debito Pubblico ”, sappiate che sono soldi mal spesi . Vedremo, con un esempio, perché è impossibile estinguere o riportare il Debito entro i parametri che ci impongono.

 

 

3.14

Dire che, per ridurre il Debito, dobbiamo vendere il nostro patrimonio pubblico “è una presa in giro”. Nell’attuale sistema neoliberista il Debito non potrà mai essere estinto. Occorrono altre soluzioni, che proporremo nella Parte seconda

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Dicono che per ripagare il Debito dobbiamo non solo tagliare le spese, ma vendere anche il nostro patrimonio pubblico. È giusto?

Assolutamente No. Ogni proposta di ridurre il Debito attraverso privatizzazioni e (s)vendite di beni pubblici, è una presa in giro .

È ridicolo pensare di ridurre il Debito Pubblico vendendo, ad esempio, azioni dell’ENI che lo Stato possiede. Se ne potrebbero ricavare solo pochi miliardi che, in confronto agli oltre 2.200 miliardi del nostro Debito Pubblico, sono insignificanti e perderemmo un asset strategico per il Paese.

Abbiamo visto ciò che è successo con la (s)vendita del nostro patrimonio pubblico negli anni ʼ 90 (se volete saperne di più sul come e perché le privatizzazioni degli anni ʼ 90 hanno impoverito – inutilmente – l’Italia, leggete il libro citato in Appendice Chi ha tradito l’economia italiana? di Nino Galloni, “testimone oculare” di ciò che è avvenuto) .

Nei decenni scorsi, per diminuire il Debito ci siamo inutilmente impoveriti: il Debito è sempre aumentato. Ridurre il Debito con le privatizzazioni è una bugia neoliberista utilizzata per dare ai privati il nostro patrimonio pubblico.

* Vendere il patrimonio pubblico per pagare il Debito significa cadere nella trappola neoliberista che si propone di spogliare gli Stati e dar tutto ai privati. Il nostro Debito Pubblico, nel vigente sistema neoliberista, non potrà mai essere riportato al 60% del PIL o estinto. Occorrono altre soluzioni.

Ma sappiate che il Neoliberismo non vuol divorare solo il patrimonio pubblico, ma anche quello privato. I “ricchi” quindi, devono anch’essi attivarsi per contrastarlo (sarebbe interessante uno studio completo volto a stabilire con precisione quanto avrebbe reso e varrebbe oggi ciò che in passato abbiamo privatizzato e cosa invece varrebbe oggi ciò che abbiamo ricavato dalla vendita) .

 

Perché il nostro Debito Pubblico, nell’attuale sistema neoliberista, non potrà mai essere estinto o ridotto?

Non potrà essere dimezzato o estinto neanche in venti anni (salvo immaginare eventi irrealistici). Per capire il perché basta fare due conti.

Chiunque può andare in internet, su un sito di calcolo delle rate da pagare per la restituzione dei prestiti ottenuti, e lo vedrà da sé.

Riportiamo comunque di seguito un esempio di calcolo , ipotizzando di congelare il Debito a un importo teorico di 2.250 miliardi di euro (non sappiamo quale sarà il Debito nel momento in cui leggerete questo Vademecum), senza più fare debiti in futuro (cosa inverosimile), e immaginando di trovare un “investitore” (cosa altrettanto inverosimile) che rilevi tutto il nostro Debito Pubblico e ci conceda un mutuo ventennale per estinguerlo, a un tasso del 4%, che è il tasso medio che oggi paghiamo sul nostro Debito.

Ecco i conti:

 

·         Debito: 2.250 miliardi

·         Numero rate: 20 (una rata annua per venti anni)

·         Interessi: 4%

·         Importo rata da versare per estinguere il Debito: 165 miliardi circa annui (controllate voi stessi, con il sistema di calcolo di prestiti e interessi che vi abbiamo suggerito nell’esempio precedente).

 

È chiaro a tutti che è impossibile sostenere una spesa di 165 miliardi annui.

Oggi, infatti, paghiamo “solo” poco meno di 80 miliardi annui e siamo in grande difficoltà; se dovessimo pagarne altri 80 dovremmo vendere non solo il nostro patrimonio pubblico, ma anche quello privato. Ma, forse, è proprio questo l’obiettivo finale del Neoliberismo.

Lo stesso calcolo potete farlo per la riduzione del Debito (ci dicono che dobbiamo portarlo al 60% del PIL) cambiando le cifre. Scoprirete che anche la riduzione è improponibile.

 

Se nel vigente sistema neoliberista il nostro Debito non potrà mai essere estinto, perché continuiamo a pagare interessi ai mercati?

Perché non siamo bene informati!

Quando capiremo sarà troppo tardi; saremo già stati “spogliati” dai mercati finanziari e l’Italia avrà, inutilmente, privatizzato tutti i suoi beni, anche quelli strategici. Lo abbiamo detto.

* Per il Debito, occorre trovare soluzioni diverse dalla (s)vendita dei beni pubblici. Ne suggeriremo alcune nella Parte seconda di questo Vademecum .

 

Noi, semplici cittadini, possiamo fare qualcosa per bloccare questa dinamica perversa e liberare l’Italia (e, in prospettiva, l’Europa) dalla schiavitù dei mercati finanziari?

Sì, certo. Siamo qui e abbiamo fatto questo lavoro non solo per illustrare i problemi, ma soprattutto per offrire soluzioni.

Dipende solo da noi. Vedremo, nella Parte seconda del Vademecum, cosa possiamo fare e vi illustreremo un nostro Progetto.

 

 

3.15

Note su una eventuale uscita dall’Euro. Il nostro Progetto non prevede l’uscita dall’Euro, ma consente all’Italia di uscirne senza problemi, se e quando deciderà di farlo

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Questa situazione dipende dal fatto che l’Italia è entrata nell’Euro?

L’entrata nell’Euro ha reso molto più grave questa situazione, che però si era creata nel 1981 con il “divorzio”.

 

La soluzione è solo quella di uscire dall’Euro o ce ne sono altre?

Se questa UE non viene riformata, uscire dall’Euro e riprendersi la sovranità monetaria(60) e il signoraggio (21) sarà inevitabile, però adesso non possiamo farlo. Occorre trovare altre soluzioni.

 

Perché non possiamo uscire subito dall’Euro?

Perché i cittadini italiani non hanno ancora compreso i danni che l’attuale struttura dell’UE dell’UEM ci arreca e, nella stragrande maggioranza, sono contrari all’uscita dall’Euro.

E poiché il Paese non può attendere che i cittadini si convincano, occorre trovare altre soluzioni che ci consentano, subito, di liberarci dal peso del Debito e dalla schiavitù dei mercati finanziari, senza violare i Trattati europei e, quindi, senza uscire dall’Euro.

È ciò che si propone di fare in questo Vademecum.

 

Se decidessimo di uscire dall’Euro, potremmo farlo senza problemi?

Certo, potremmo farlo. Ma attenzione, se si deciderà di uscire dall’Euro, bisognerà tornare alla situazione “ante divorzio” altrimenti saremo sempre schiavi dei mercati finanziari che determineranno a loro piacimento il tasso d’interesse da corrispondere sul Debito.

Ne parleremo in modo più approfondito nella Parte seconda di questo Vademecum (nella Riunione n. 7), dove esporremo un Piano che ci metterà al sicuro dall’attacco dei mercati, e che ci consentirà anche (se e quando gli italiani decideranno in tal senso) di uscire dall’Euro senza alcun problema.

 

Se in futuro decidessimo di uscire dall’Euro, dovremmo ripagare il nostro Debito in Euro o in Lire?

La posizione dell’Italia da questo punto di vista è molto buona.

Ecco perché.

Quando un Paese contrae un Debito, si stabilisce la legge che lo disciplina. Si chiama lex monetae.

Il nostro Debito Pubblico è stato quasi tutto contratto sotto la legge italiana; ne consegue che, se uscissimo dall’Euro, dovremmo pagare il Debito in Lire e non dovremmo fare nessun sacrificio.

I Paesi che, invece, hanno contratto la maggior parte del loro Debito sotto legislazione estera (si pensi alla Grecia), dovrebbero ripagarlo in Euro, salvo decidere di fare default.

Dobbiamo quindi vigilare affinché, quando viene rinnovato il nostro Debito, questa operazione avvenga sempre sotto la legge italiana contrastando norme europee, sconosciute ai cittadini, che ci obbligano a fare il contrario.

Alla fine della Riunione n. 7 vedremo perché un’eventuale uscita dall’Euro per noi non sarebbe un problema.

Ma, come già detto, l’uscita dall’Euro è una delle soluzioni; ve ne sono anche altre e le vedremo nella Parte seconda del Vademecum.

 

È vero che l’uscita dall’Euro sarebbe un disastro e che chi ha un mutuo in Euro sarebbe rovinato?

No, non è vero; capirete il perché nella Riunione n. 7. Ma non vogliamo parlarne in questo Vademecum. Qui illustriamo un Progetto che non prevede di uscire dall’Euro.

 

E se facessimo un referendum consultivo per decidere se uscire o no?

Anzitutto, occorrerebbe una legge che lo preveda. E poi, a nostro avviso, oggi prevarrebbe il no all’uscita; la propaganda neoliberista è agguerrita, pronta a terrorizzare i cittadini.

Per questo noi – che riteniamo indispensabile uscire dall’Euro se questa UE non sarà riformata – consigliamo di attendere che i cittadini si convincano.

Però, in attesa che i cittadini riflettano, occorre attuare un Progetto che ci metta al sicuro da un (prevedibile) aumento dei tassi di interesse sul Debito.

Per capire meglio ciò che proponiamo nel nostro Progetto leggete la nota che segue.

 

 

Nota

 

Ciò che abbiamo illustrato in questa Riunione, e che esporremo nella prossima Riunione n. 4, non serve solo a farvi comprendere come la finanza domina le nostre vite, ma anche a farvi capire il Progetto che spiegheremo nella Parte seconda di questo Vademecum.

Il nostro Progetto:

·         non prevede di cambiare il rapporto fra Stato e Banca Centrale. Per farlo occorre il consenso degli altri Stati. L’Italia, quindi, non può realizzarlo da sola (salvo decidere di uscire dall’Euro);

·         non prevede di uscire dall’Euro. Se l’UE non viene “riformata” uscire dall’Euro sarà indispensabile, ma occorre attendere che i cittadini si convincano;

·         prevede invece una soluzione che non viola i Trattati e che l’Italia può attuare subito e da sola senza chieder “permessi” all’UE;

·         getta però le basi per uscire dall’Euro senza problemi, se e quando gli italiani decideranno di farlo.

 

 

Quindi

 

Il nostro Progetto non prevede l’uscita dall’Euro, ma consente all’Italia di uscirne senza problemi, se e quando lo deciderà.

 

L’entrata nell’Euro ha dimezzato il potere d’acquisto di chi vive di lavoro. Questo è indiscutibile, siete d’accordo?

Sì. Tutti dicono che, prima dell’Euro:

* con un milione e mezzo di lire mensili si viveva decorosamente mentre oggi con 750 euro mensili, non si sta certo bene.

Queste cose, però, le sanno solo gli anziani; i giovani non lo sanno e sarebbe bene farglielo sapere. A partire dal fatto che anche lo Stato aderì volentieri all’ operazione raddoppio dei i prezzi (40) , senza adeguare allo stesso modo gli stipendi.

 

Nella prossima Riunione parleremo ancora di Neoliberismo?

Sì, ma non possiamo, ovviamente, occuparci di tutti gli aspetti di questa teoria economica che insinua i suoi tentacoli ovunque (lavoro, scuola, sanità, alimenti, professioni, trasporti, ecc.).

In questo Vademecum ci occupiamo solo di Debito Pubblico e di finanza speculativa.

 

Perché ci occupiamo solo di Debito Pubblico e di finanza speculativa ?

Perché se prima non si libera lo Stato dalla schiavitù del Debito Pubblico, che consente alla finanza di dare “ordini” al governo e al Parlamento e, quindi ai cittadini, non si potrà mai far nulla di veramente efficace per contrastare il Neoliberismo.

 

 

3.16

I punti salienti

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a.      Oggi il denaro viene creato dal nulla dalle Banche Centrali. A differenza di ciò che avveniva in passato, il denaro non è più un bene materiale che qualcuno possiede ma è creato premendo un pulsante.

 

b.     Nella Zona Euro, la Banca Centrale non è soggetta alle leggi di un Parlamento eletto dai cittadini. Fuori dall’Euro non è così. Persino negli ultraliberisti Stati Uniti e Regno Unito i Parlamenti possono legiferare in tema di Banche Centrali.

 

c.      Le Banche Commerciali hanno guadagnato, senza alcun rischio, prestando denaro allo Stato a tassi più alti, lo stesso denaro che la BCE ha dato loro a tassi più bassi. Ciò perché, nella Zona Euro, la Banca Centrale può finanziare solo le Banche e non gli Stati.

 

d.     Il Debito Pubblico è un problema? No, non è un problema in sé, ma lo diventa quando il suo costo di gestione (cioè l’interesse da pagare) non è controllabile dallo Stato.

 

e.      I neoliberisti, nel 1981, convinsero chi governava ad affidare alla finanza privata il potere di determinare il costo di gestione del Debito. Da quel momento il nostro Debito divenne un problema.

 

f.       Fino al 1980 il Debito non era un problema perché era lo Stato, e non i mercati finanziari, il soggetto che determinava il costo di gestione dello stesso (cioè il tasso di interesse da pagare). Ciò rendeva il Debito ampiamente sostenibile.

 

g.      Dal 1981 il Debito divenne un problema, perché il potere di determinare il costo di gestione del Debito (cioè il tasso di interesse da pagare) fu affidato esclusivamente ai mercati finanziari.

 

h.     Quando nel 1981 lo Stato affidò ai mercati la gestione del Debito, i cittadini non furono informati delle conseguenze che avrebbe prodotto questa decisione. Non ci fu né un dibattito né una legge. Tutto avvenne con un semplice scambio di lettere. Queste lettere sancirono quello che viene chiamato “divorzio” fra Stato e Banca d’Italia, che pose il Debito (e quindi Stato e cittadini) nelle mani dei mercati finanziari.

 

i.       Il “divorzio” del 1981 ha trasformato lo Stato e i suoi cittadini da padroni di se stessi in servi di finanza e banchieri.

 

j.       I dati ufficiali sul Debito Pubblico (fonte AMECO e Banca d’Italia) ci consentono di scoprire la falsità di molti luoghi comuni.

 

k.     Perché oggi l’inflazione non è un problema?

La necessità di combattere l’inflazione, in passato, si fondava su questo principio: “I beni in commercio sono limitati e, se si immette troppo denaro in circolazione, i prezzi aumentano”.

Oggi, però, la capacità produttiva delle imprese è enorme, molti beni rimangono invenduti e molte fabbriche sono ferme. Oggi è tutto diverso.

 

l.       Prima del “divorzio” il Debito era il 54% del PIL. Dopo il “divorzio”, in dieci anni, raddoppiò al 110%. Perché?

Perché il Neoliberismo costrinse lo Stato, nel 1981, ad affidare solo ai mercati finanziari la gestione del Debito Pubblico e non, come ci dicono, per le nostre “spese pazze”. Lo confermano i dati(19).

 

m.    Chi dice in TV che l’entrata nell’Euro ci ha fatto risparmiare su gli interessi da corrispondere sul Debito in rapporto al PIL fa un’affermazione parziale e distorta.

 

n.     Chi dice in TV che il nostro Debito è solo imputabile alle nostre “spese pazze” degli anni ʼ 80 e ʼ 90 non è informato o dice il falso. La nostra spesa pubblica, in passato, è sempre stata in linea con quella degli altri Stati europei.

 

o.      Il raddoppio del nostro Debito Pubblico negli anni ʼ80 e ʼ 90 ha la sua principale causa negli interessi, che con il “divorzio”, il Neoliberismo ci ha costretti a pagare ai mercati finanziari, e non nelle nostre “spese pazze”.

 

p.     Perché prima del “divorzio” il sistema pensionistico era sostenibile e oggi non lo è? C’è da chiedersi se prima del “divorzio” il sistema pensionistico retributivo (più favorevole) fosse perfettamente sostenibile e se siamo stati costretti a passare al contributivo (meno favorevole) proprio a causa del “divorzio” e in vista dell’entrata nell’Euro.

 

q.      La spesa pubblica crea ricchezza per i cittadini e non deve essere tagliata. Deve essere “riallocata”.

 

r.      Vendere il patrimonio pubblico per pagare il Debito è una “presa in giro”: significa cadere (in buona o malafede) nella trappola neoliberista che si propone di spogliare gli Stati e dar tutto ai privati. È bene sapere che il nostro Debito Pubblico, nel vigente sistema economico neoliberista, non potrà mai essere riportato al 60% del PIL o estinto. è quindi inutile (s)vendere i nostri beni. Occorrono invece altre soluzioni. Ne proporremo alcune nella Parte seconda di questo Vademecum.

 

Fine della Riunione n. 3

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